Le Armi e il potere
Un corredo della necropoli di Collegno e la riproduzione delle iscrizioni nel santuario di Monte Sant’Angelo.
La Mostra presenta il calco delle epigrafi di apparato incise sulle strutture del santuario di san Michele a Monte Sant’Angelo, volute dai Longobardi per ricordare l’imponente opera di ristrutturazione del santuario stesso e per lasciare memoria scritta della propria presenza e di importanti pellegrinaggi.
Le epigrafi ricordano, infatti, i lavori di grossa portata che conferirono al santuario un aspetto del tutto nuovo: il epoca longobarda il santuario attirava un consistente flusso di pellegrini e necessitava, quindi, di soluzioni architettoniche più articolate e funzionali ad accoglierli.
Il calco di iscrizioni recanti antroponimi di uomini e donne longobarde metterà in luce ancor più l’intenso flusso di pellegrinaggio verso il santuario garganico, ma anche la diversa estrazione sociale dei pellegrini che comprendeva esponenti illustri della corte e uomini e donne di bassa condizione sociale che spesso si servivano di lapicidi locali per lasciare impresso il proprio nome.
La mostra potrà evidenziare come il pellegrinaggio al Gargano, tra VII e IX secolo, si era ormai internazionalizzato, divenendo fenomeno multietnico di livello europeo. Esso coincide con il periodo di massima espansione e di più incisiva presenza dei Longobardi in Puglia.
Nei Musei TECUM si esporrà il corredo della necropoli di Collegno, che comprende armi usate dai Longobardi. Le armi dei Longobardi e, in particolare, la spada, sono legate al culto micaelico e alla presenza dei Longobardi in Puglia che conquistarono il santuario di san Michele proprio grazie alla battaglia condotta da Grimoaldo I contro i Bizantini. Dalla battaglia uscirono vincitori i Longobardi, con il duca Grimoaldo I, che fecero del santuario garganico il proprio santuario nazionale e di San Michele il proprio santo protettore. Le armi possono richiamare, inoltre, le tradizioni riportate dagli storici longobardi che ricordano l’episodio e attribuiscono la vittoria all’apparizione di san Michele e altri racconti secondo cui Michele fu a capo dell’esercito longobardo alla conquista dell’Italia meridionale. Gli stessi Longobardi enfatizzarono l’attributo dell’Apocalisse di Michele capo delle milizie celesti e ne influenzarono l’iconografia, raffigurandolo con scudo e lancia.
Data: 26/01/2019 – 11/05/2019
Regione: Puglia – Piemonte
Città: Monte Sant’Angelo – Torino
Tema: il Culto Micaelico
Il progetto “Longobardi in vetrina” nasce dalla volontà di far conoscere e dialogare i musei, che ciascuno dei sette luoghi della rete del sito seriale (Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio-Torba, Spoleto, Campello sul Clitunno, Benevento, Monte Sant’Angelo) con altri musei nazionali non appartenenti alla rete ma dotati di una sezione longobarda o altomedievale.
Questo incontro si è realizzato attraverso 7 esposizioni tematiche articolate nelle 15 sedi tra cui:
Museo TECUM del Santuario di San Michele Arcangelo
Meta ininterrotta di pellegrinaggi da 1500 anni, la città di Monte Sant’Angelo – nel Parco Nazionale del Gargano, in Puglia – è la Città dei due Siti UNESCO: con le tracce longobarde nel Santuario di San Michele Arcangelo, infatti, sono state riconosciute nel 2017 anche le faggete vetuste della Foresta Umbra come patrimonio naturale. Città ricca di fascino, storia e cultura, con numerosi monumenti di notevole bellezza e importanza, è conosciuta nel mondo grazie alla presenza del Santuario dedicato all’Arcangelo Michele.
All’interno del Santuario i Musei TECUM (TEsori del CUlto Micaelico) comprendono la cosiddetta Galleria longobarda che ospita il Museo lapidario e, all’interno, custodiscono oltre 200 manufatti scultorei, databili tra il IV e il XV-XVI secolo. La ricca collezione permette di collegare, da un punto di vista topografico ed artistico, i più antichi luoghi di culto della zona e di seguire l’evoluzione dell’arte scultorea nell’area garganica.
All’interno del Museo lapidario possono identificarsi nove ambienti con volta a botte, realizzati in pietra locale, che portano il visitatore verso il cuore della montagna. Nello spazio museale sono presenti anche le cripte B e C, situate al termine del percorso del Lapidario: in questa sezione del Museo sono visibili i resti dell’imponente opera di monumentalizzazione del santuario garganico, commissionata dai Longobardi di Benevento.
Musei Reali di Torino e Museo di Antichità
I Musei Reali di Torino sono situati nel cuore della città antica e propongono un affascinante itinerario di storia, arte e natura che si snoda attraverso 55.000 mq con testimonianze che datano dalla Preistoria all’età moderna. Il progetto museale unisce il Palazzo Reale, l’Armeria Reale, la Galleria Sabauda, il Museo di antichità, i Giardini Reali, la Biblioteca Reale, le Sale Chiablese e la Cappella della Sacra Sindone.
Con la costituzione nel 2015 dei Musei Reali sono state unite le raccolte sabaude -storico-artistica e archeologica – che documentano i diversi sviluppi del collezionismo dinastico sabaudo. Le collezioni del Museo di Antichità costituiscono il nucleo originario della raccolta del duca Emanuele Filiberto di Savoia (1553-1580), incrementata dai successori e riordinata da Vittorio Amedeo II, re di Sardegna, che la dona all’Università di Torino. Con l’arrivo della collezione egizia di Bernardino Drovetti nel 1824 il Regio Museo è trasferito dall’Ateneo torinese al palazzo dell’Accademia delle Scienze e, solo dopo la separazione dal Museo Egizio nel 1940, nasce il nuovo Museo di Antichità, che dal 1982 è ospitato nelle serre di Palazzo Reale, con le collezioni preistoriche e protostoriche, etrusche, greche e magno-greche, romane, fenicie e assire. Un nuovo padiglione, creato nel 1998, accoglie la sezione dell’archeologia del territorio piemontese ordinata a ritroso nel tempo, dal rinascimento al paleolitico, come in uno scavo archeologico. Il piano sotterraneo della Manica Nuova di Palazzo Reale ospita l’allestimento dell’archeologia di Torino e costituisce il collegamento con l’area archeologica del Teatro romano.
Non può essere un santo emaciato o un monaco penitente il patrono dei Longobardi.
Il protettore di un popolo in armi deve essere che lui, il principe degli eserciti, l’Arcangelo guerriero. Lui, che appare nei cieli per guidare alla vittoria, lui che con la sua spada fiammeggiante e le bionde chiome sconfigge Satana ribelle. Lui, Michele, il celeste difensore capace di vincere ogni battaglia.
Come un tempo il dio Wotan, Michele combatte, ordina le schiere, si prende cura delle anime dei caduti. Colpisce, lenisce, sorregge, come un capo di una antica tribù, come un re dei tempi nuovi.
I Longobardi di Benevento lo hanno invocato con tre giorni di digiuno e preghiera quando sono stati attaccati dai Bizantini. E lui è apparso in sogno al loro vescovo, assicurando protezione e vittoria.
È stato il suggello di un patto, un’alleanza.
Da allora in poi il duca Grimoaldo e i suoi discendenti hanno considerato lui, Michele, il loro referente in cielo. Quando da Benevento sono poi arrivati a Pavia a cingere la corona, Michele li ha accompagnati, divenendo la guida per i Longobardi della penisola intera, l’Italia longobarda.
In fila, in silenzio, gradino dopo gradino, duchi, principesse, cortigiani, re, ma anche semplici guerrieri, popolani scendono alla sacra grotta di Monte Sant’Angelo. S’inchinano penitenti, per domandare grazia, i guerrieri alle armature scintillanti, vergando rune, nel santuario dedicano iscrizioni i nobili di corte. I più forti fra gli uomini chinano il capo di fronte a Michele, il soldato di Dio, il guerriero scelto dall’Altissimo per mettere fine al caos del mondo. «Chi è come Dio?» significa in ebraico il suo nome.
E i Longobardi tutti, inginocchiati ai suoi piedi, ripetono: «Nessuno.»
La gerarchia del cielo è la stessa che vige sulla terra, si basa sugli stessi principi e sullo stesso ordine. Ed è un ordine longobardo, ovunque.
Mariangela Galatea Vaglio
Dalla penna di Mariangela Galatea Vaglio e la regia di Marco Melluso e Diego Schiavo, il Video Racconto della Mostra.