I Longobardi in Italia

Al loro arrivo in Italia i Longobardi entrarono in contatto con la realtà culturale di un territorio divenuto crocevia strategico tra occidente e oriente, un tempo cuore dell’Impero romano e ora sede della cristianità. La stabilizzazione sul territorio italiano portò al confronto con la popolazione locale, determinando un lento processo di integrazione che diede vita a una cultura nuova, capace di armonizzare la tradizione germanica con quella classica e romano-cristiana.

Il rapporto con l’antico che si venne a creare fu sfruttato dalle élites longobarde per legittimare il proprio crescente potere. E’ ai Longobardi infatti che oggi si attribuisce un ruolo determinante nel passaggio tra la Classicità e il Medioevo: essi contribuirono a elaborare e diffondere le espressioni culturali, artistiche, politiche e religiose che dal territorio italiano si diffusero in Europa, anticipando la renovatio culturale attribuita ai carolingi.

Il regno longobardo in Italia

Nel 568 i Longobardi, guidati da Alboino, dalla Pannonia giunsero in Italia. Al loro arrivo in Italia i Longobardi erano un popolo in armi guidati da un’aristocrazia di cavalieri e da un re guerriero eletto tra le fila dell’esercito. Occupato il Friuli, estesero progressivamente il proprio dominio su gran parte del territorio nazionale, dando vita a un regno indipendente in grado di contrapporsi al dominio bizantino. Apparteneva ai Longobardi tutto il nord della Penisola ad eccezione delle coste della Liguria e del Veneto; al centro e al sud si formarono invece i ducati di Spoleto e di Benevento.
I Bizantini conservarono i territori dell’esarcato di Ravenna e il cosiddetto “corridoio bizantino” che collegava Ravenna con Roma e divideva il regno longobardo in due parti: la Langobardia Major a nord e la Langobardia Minor a sud. Nel 572 la capitale del regno fu posta a Pavia, ma per ancora un decennio il dominio longobardo fu retto dai numerosi ducati che godevano di ampia autonomia.

I ducati longobardi

Le città, sede dei duchi, divennero essenzialmente centri militari di controllo del territorio. Le campagne invece vennero organizzate sulle arimannie: territori rurali gestiti da arimanni che curavano, oltre all’aspetto militare, le risorse economiche e produttive impiegando manodopera contadina indigena.
Con il consolidarsi del potere longobardo, la struttura politica basata sul sistema dei ducati si rafforzò: ogni ducato era guidato da un duca, ma funzionario regio con poteri pubblici, affiancato da figure minori come i gastaldi (referendari del re, giudici, notai) e, nell’VIII secolo, i gasindi. Il re, da capo militare, divenne gradualmente un sovrano capace di rappresentare istituzionalmente l’intero popolo di fronte all’Impero bizantino, al Papato e ai Franchi. Il regno longobardo da occupazione militare si trasformò in uno Stato con una società differenziata e una gerarchia legata alle proprietà fondiaria.

L’era dei grandi sovrani

Dal VI all’ VIII secolo, grandi sovrani come Autari e Agilulfo, Rotari e Grimoaldo, Liutprando, Astolfo e Desiderio estesero progressivamente l’autorità del re, rafforzando l’unione interna del regno. L’apice della potenza politica longobarda si ebbe con Liutprando (712-744): egli incrementò i possedimenti del regno, arrivando fino alle porte di Roma e sottomettendo i ducati ancora indipendenti di Spoleto e Benevento; seppe inoltre contenere il Papato e svolse una politica di respiro europeo, stringendo rapporti con Franchi e Avari. Purtroppo l’espansionismo longobardo, con la conquista di Ravenna nel 750, ruppe i delicati equilibri politici della penisola. Il Papato chiese l’aiuto dei Franchi, che nel 774 sottomisero i Longobardi, inglobando, senza eliminarli, tutti i ducati nell’Impero carolingio. Solo Benevento, elevato a rango di Principato, conservò la propria autonomia fino alla conquista normanna (1076).

Società

La struttura sociale era basata sulle farae, clan aristocratici militari, a capo delle quali c’era un duca che comandava gli arimanni, uomini liberi appartenenti al ceto aristocratico, legati a lui da vincoli di parentela. Alla base della scala sociale stavano i servi che vivevano in condizioni di schiavitù, mentre ad un livello intermedio gli aldii, uomini semiliberi che svolgevano il servizio militare come soldati di fanteria, arcieri e scudieri.
In Italia le farae dal punto di vista culturale rimasero distaccati dai Bizantini e dai Romani, conservando le proprie tradizioni. Questo rese il rapporto con le popolazioni locali inizialmente difficile e violento ma col passare del tempo, grazie alla conversione al cattolicesimo, la situazione cambiò. I Longobardi cominciarono ad integrarsi con le vecchie èlites romane, che gradualmente accettarono la loro presenza. Gli ultimi re longobardi, Liutprando e Ratchis, intensificarono gli sforzi per l’integrazione presentandosi sempre più come re d’Italia anziché re dei Longobardi.

La vita quotidiana

Dall’abbigliamento alla religione, dalla dieta alle attività agricole e commerciali, il popolo dei Longobardi nel corso dei secoli fu da una parte protagonista di numerose integrazioni culturali con il popolo bizantino e dall’altra portò innovazioni nel territorio in cui si stanziò, tipiche dell’origine germanica a cui i Longobardi appartevano.
Il risultato fu la nascita di una nuova comunità culturale che subì diverse contaminazioni sociali, senza mai una perdita totale delle proprie tradizioni. Ancora oggi riconosciamo i segni di questo passaggio: un esempio è il culto di San Michele, l’Arcangelo “guerriero di Dio”, che diventò per i Longobardi il santo protettore perchè riconobbero in lui il dio pagano Wodan, protettore dei combattenti.

Architetture

I Longobardi non avevano una propria tradizione architettonica, pittorica e scultorea ma si servivano delle maestranze esistenti nel territorio. Questo è uno dei motivi per cui il linguaggio artistico longobardo in Italia è estremamente diversificato e rivela caratteristiche specifiche nelle diverse parti del regno. È chiara la volontà di uniformare tutti i complessi monumentali ma nello stesso tempo troviamo una varietà di esiti artistici.
Inoltre ritroviamo in molto monumenti quella predilezione per l’architettura di prestigio espressa dai monumenti dei ducati settentrionali. Tra gli esempi meglio conservati la Basilica di San Salvatore a Spoleto e il Tempietto del Clitunno a Campello, edifici eccezionali per il linguaggio romano classico con cui sono stati progettati entrambi.

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Longobardi famosi

Numerosi sono i personaggi del popolo longobardo che sono passati allo storia, in particolare ricordiamo Adelchi, figlio di Desiderio e di Ansa, il cui nome è legato alla tragedia scritta da Alessandro Manzoni che racconta le vicende storiche relative alla guerra contro Carlo Magno.
Altri nomi importanti sono Alboino, il re che dalla Pannonia condusse il popolo dei Longobardi fino in Italia e guidò la conquista del regno, Teodolinda la regina cattolica che contribuì alla costruzione di numerose chiese, monasteri e nuove residenze e Paolo Diacono, il monaco che scrisse “Historia Langobardorum”, l’opera epica in cui vengono raccontate e tramandate le gesta del popolo longobardo.

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Fortuna dei Longobardi

Da secoli la storiografia dibatte sulla cosiddetta “questione longobarda”, che riguarda gli effetti della dominiazione in Italia.
Nel tempo i Longobardi sono stati da alcuni “barbari” invasori che hanno affossato la civiltà classica, l’unica veramente “italiana”; per altri invece erano un popolo ormai romanizzato che diede vita a una nuova nazione unificata.
I giudizi su di loro si sono caricati di significati diversi per spiegare circostanze ed eventi storici. I Visconti nel XIV secolo, a supporto della propria politica espansionista, li elessero invece a loro mitici progenitori, mentre gli illuministi nel XVIII secolo videro nei Longobardi i primi veri oppositori alle ingerenze temporali della Chiesa.
Oggi la storiografica considera la vicenda longobarda inserita in una lunga “epoca di transizione”, che portò alla formazione degli stati nazionali europei attraverso un lungo processo di integrazione culturale.