Adelchi
Non abbiamo molte notizie su Adelchi (vissuto nell’VIII secolo e morto intorno al 788), figlio di Desiderio e di Ansa e Re dei Longobardi, fu associato al trono dal padre Desiderio dall’agosto del 759.
La sua memoria è legata in Italia all’idealizzazione che ne fece Alessandro Manzoni nella tragedia che prende il suo nome, “Adelchi”, rappresentata per la prima volta a Torino nel 1843. La tragedia comprende le vicende del periodo tra il 772-774, legate alla calata in Italia di Carlo Magno, chiamatovi dal Papa Adriano contro Desiderio, che aveva iniziato con invadere i territori della Chiesa.
Adelchi fu al fianco del padre durante tutte le vicende dell’ultima fase del Regno longobardo. Nella guerra contro Carlo Magno, mentre il padre Desiderio si chiudeva in Pavia, assediate dalle truppe franche, Adelchi – con il capo dell’opposizione franca, Aucari, e i figli di Carlo – marino, fratello di Carlo Magno – trovò rifugio nella piazzaforte di Verona. Quando, durante l’assedio di Pavia (773-774), Carlo condusse una parte dell’esercito di fronte a Verona
Adelchi riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Costantinopoli. Aucari, la vedova di Carlomanno e figli, si consegnarono invece a Carlo.
Caduta Pavia nel giugno del 774, dopo nove mesi di assedio e acclamato Carlo Magno nuovo sovrano dei Longobardi, su Adelchi si concentrarono le speranze di tutti coloro che non intendevano sottomettersi al nuovo sovrano franco. Nel tentativo di riconquistare il Regno, nel 787 Adelchi sbarcò in Calabria, ma senza successo: la tradizione vuole che fosse sconfitto dal nipote Grimoaldo III, principe di Benevento, alleato dei Franchi, che lo uccise in battaglia. Secondo la versione riportata da Eginardo (Fulda 775 – Selingenstadt 840 – storico, scrisse una biografia di Carlo Magno e fu direttore della Scuola Palattna) e ritenuta dagli storici come la più probabile, Adelchi si spense invece molti anni dopo a Costantinopoli.
Adelperga
Adelperga (o Adelberga, Adalperga, Aldeperga), figlia di Desiderio e della regina Ansa, nacque intorno al 740. L ‘educazione di Adelperga fu affidata a Paolo Diacono, che la formò nella cultura umanistica di tipo cristiano e profano, tanto che dopo le nozze con Arechi, Duca di Benevento (762), attraverso le quali Desiderio voleva consolidare il suo potere anche nell’Italia meridionale – in una lettera al suo precettore, Adelperga loda lo “studium sapientium” che ella aveva in comune con il marito: la conoscenza del pensiero dei filosofi, delle poesie, della storiografia, dei commenti alla letteratura biblica e profana e della lingua latina.
Dopo la caduta del Regno dei Longobardi ad opera di Carlo Magno, Desiderio e la famiglia reale vennero condotti prigionieri oltre le Alpi, dove conclusero la loro esistenza in monasteri franchi. Adelperga e la sorella Liutperga lottarono per la riconquista del patrimonio. Il marito di Adelperga, Arechi, riuscì a resistere alle pressioni di Carlo Magno fino al 786, quando stipulò l’armistizio col re franco nella basilica di Santa Maria Maggiore a Santa Maria Capua a Vetere. Carlo, che aveva invaso il Ducato, costrinse Arechi a rinnovare il patto di fedeltà, versare un pesante tributo e cedere al pontefice numerose terre. Tuttavia, per le pressioni dei bizantini e di Adelperga, Arechi ruppe il trattato di pace. Adelperga fu molto attiva nella politica del ducato e quando, il26 agosto del 787 Arechi morì, continuò a supportare il fratello Adelchi, in esilio a Costantinopoli e a lottare per mantenere l’indipendenza del principato beneventano, fino a quando il figlio Grimoaldo – trattenuto in ostaggio alla corte di Carlo Magno – dopo la morte del padre, rientrò in possesso del principato.
Alboino
Alboino (530 ca. – Verona, 28 giugno 572), figlio di Audoino, Re dei Longobardi, e di Rodelinda, salì sul trono alla morte del padre (560 ca.). Alleatosi con gli Avari nel 567, riuscì a conquistare tutto il territorio dei Gepidi, uccidendone in battaglia il sovrano, Cunimondo, e facendo prigioniera la figlia di lui, Rosmunda. Successivamente, alla morte della moglie Ootsuinda, Alboino sposò in seconde nozze Rosmunda per rafforzare il legame con i Gepidi. Fu Alboino a condurre i Longobardi dalla Pannonia in Italia: il loro ingresso avvenne nel maggio 568, attraverso le Alpi Giulie. Gli invasori penetrarono in Friuli, dove a Cividale (Forum Iulii) lasciarono un primo, forte, presidio militare. Alboino, infatti, affidò la città al nipote Gisulfo, che divenne duca del Friuli (dando inizio alla prima dinastia ducale longobarda in Italia) e proseguì poi lungo la via Postumia, sino a Verona; da qui, per la via Gallica, A1boino si spinse fino a Milano, dove entrò il 3 settembre 569, proseguendo poi verso il Piemonte settentrionale, aggirando i luoghi meglio difesi dal nemico e le regioni costiere. Le città poste su queste strade (Aquileia, Ceneda, Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo e la stessa Milano) furono occupate senza incontrare resistenza. La prima città che si oppose seriamente alla marcia di Alboino fu Pavia, che resistette fino al 571 e che fu poi scelta come capitale del Regno. Alboino morì assassinato nel suo letto, vittima di una congiura ordita da Bisanzio; invece secondo la leggenda, riportata da Paolo Diacono, per mano della moglie Rosmunda e dei suo amante Elmichi.
La figura di Alboino, che guidò il suo popolo alla conquista dell’Italia, ultima tappa di una plurisecolare migrazione, divenne presto leggendaria e oggetto di numerosi canti epici, ai quali si ispirò anche Paolo Diacono per narrare alcuni episodi della sua Historia Langobardorum.
Ansa
Ansa (VIII secolo), figlia di un nobile bresciano di nome Verissimo e sorella di Arechi e Donnolo, sposò Desiderio, da cui ebbe almeno un figlio (Adelchi) e cinque figlie (Ermengarda, Anselperga, Gerberga, Adelperga e Liutperga), che furono oggetto di un’attenta politica matrimoniale. Suo marito Desiderio, Duca di Tuscia e uno dei più fedeli seguaci del Re Astolfo, divenne Re dei Longobardi nel 757. Desiderio consolidò nel bresciano, sua terra di origine, la base di potere economico e politico-militare del Regno, attraverso legami personali e anche istituendo monasteri. Ansa, divenuta regina, collaborò attivamente con il marito, soprattutto in campo religioso.
Ad Ansa e Desiderio si deve infatti la fondazione dei monasteri di Leno (dove i Longobardi erano presenti sin dal loro arrivo in Italia), di Sirmione e la trasformazione della basilica dei Santi Michele e Pietro, a Brescia, nella grande basìlca regia di San Salvatore, che fu dotata di un’eccezionale ricchezza e alla cui guida fu poste, come badessa, la figlia Anselperga. Alla giurisdizione di San Salvatore fu sottomessa un’intera rete di complessi monastici tra la Lombardia, l’Emilia e la Toscana, creando una federazione direttamente controllata dal sovrano.
Ansa, definita “bellissima” da Paolo Diacono, affiancò il marito nell’azione politica, religiosa e culturale.
Il 5 giugno 774, qunado Desiderio fu sconfitto a Pavia da Carlo Magno, Ansa si presentò col marito e una figlia al vincitore, che li fece condurre progionieri Oltralpe.
Le fonti lasciano aperta la questione se Ansa, una volta morto il marito, sia ritornata in Italia.
Paolo Diacono, nell’Epitaphium Ansae Reginae, scritto a Montecassino negli anni che seguirono il crollo del Regno longobardo, immagina che la regina sia stata sepolta nella basilica di San Salvatore a Brescia – come essa avrebbe desiderato – in una tomba decorata da mosaici.
Anselperga
Anselperga (VIII secolo), figlia di Desiderio, Re dei Longobardi dal 757, e Ansa, nacque probabilmente a Brescia, essendo i genitori provenienti dall’aristocrazia di questa città. Quando Desiderio e Ansa fondarono la chiesa e il relativo monastero di San Salvatore a Brescia, ampliando la precedente basilica dedicata ai Santi Michele e Pietro, Anselperga ne fu nominata badessa.
Il monastero, sotto la sua guida, rimase sotto la diretta tutela della famiglia regia; sia Desiderio, sia il padre di Ansa, Verissimo, e i figli di lui, Arechi e Donnolo, e il fratello Adelchi, elargirono privilegi e ampie donazioni – terre, case e mulini – a favore del monastero bresciano, tanto da costituire un ingente patrimonio.
Nel 762 Anselperga ottenne dal Papa Paolo I un importante provilegio che rendeva il monastero di Brescia dipendente direttamente dalla Santa Sede. La badessa sviluppò infatti un’accorta politica intesa a sfruttare al meglio la potenza economica dei numerosi beni che il monastero – centro di un’intensa attività di scambi commerciali – possedeva e che andavano ben oltre il confine bresciano.
Nel 771 Anselperga accolse la sorella Ermengarda, ripudiata dal marito Carlo Magno, Re dei Franchi, nel monastero di San Salvatore. La badessa è infatti ricordata anche nell”‘Adelchi” di Alessandro Manzoni, la tragedia (data alle stampe nel 1822) che ha come tema gli ultimi eventi del Regno longobardo.
In seguito alla sconfitta di Desiderio a Pavia, nel 774, e la prigionia della famiglia reale Oltralpe, non si hanno più notizie di Anselperga.
Pauli I papae privilegium (26 ottobre 762 o 763)
Paolo I Papa, su istanza di Anselperga, badessa del monastero di San Salvatore di Brescia, fondato dalla regina Ansa, prendendo il monastero – compresi tutti i monasteri e le basiliche ad esso pertinenti – sotto la diretta tutela della Sede Apostolica, stabilisce che nessun sacerdote né vescovo possa celebrare le funzioni liturgiche nel monastero se non su invito della badessa e che i chierici, di qualsiasi ordine, al servizio del monastero debbano essere scelti dalla stessa badessa e consacrati da un vescovo da lei indicato; stabilisce che, per la propria consacrazione, la badessa possa rivolgersi a un qualsiasi vescovo, concede altresì il crisma e i sacri oli per la consacrazione della stessa e delle monache, nonché per l’amministrazione dei sacramenti.
Autari
Autari (7 – Pavia 590), figlio del Re longobardo Clefi, fu eletto Re dei Longobardi nel 584, dopo una lunga assenza del potere centrale seguita alla morte del padre (574), caduto vittima di un attentato, come il suo predecessore Alboino.
Autari riorganizzò l’esercito regio e intraprese nuove campagne a danno dei Bizantini. Allo stesso tempo cercò di attenuare i contrasti con il Papato e di ridurre le tendenze autonomistiche dei duchi più ribelli, per far fronte alle minacce dei Franchi, con i quali intraprese trattative di pace.
Nel 588 Autari sposò Teodolinda, figlia di Garibaldo, Duca dei Bavari, per consolidare l’alleanza con questo popolo.
Con Autari la dignità regia si rivestì di un nuovo attributo, iniziando l’usanza di far precedere al proprio nome il prenome Flavius, che era stato scelto dalla dinastia di Costantino. Autari morì misteriosamente il 5 settembre 590 nel palazzo reale di Pavia, probabilmente avvelenato.
Desiderio
Desiderio (Brescia 7 – 7 dopo il 774), appartenente all’aristocrazia bresciana, fu un seguace fedele del sovrano Astolfo che lo nominò Duca di Tuscia. Alla morte di Astolfo, nel 756, prese le redini del Regno il fratello di lui Rachis – fino a quel momento monaco a Montecassino – ma Desiderio si sollevò contro di lui, riuscendo a guadagnarsi l’appoggio del Papa, Stefano Il, promettendogli la restituzione dei territori bizantini che erano stati occupati da Liutprando in Emilia.
L’ambizione di ampliare il suo territorio spinse Stefano II a riconoscere Desiderio e a ordinare a Rachis di rientrare a Montecassino. Così, dal 757, Desiderio fu universalmente riconosciuto Re dei Longobardi. Stefano” morì subito dopo e Desiderio non mantenne i giuramenti fatti, non consegnando le città emiliane. Anzi, nel 758 si assicurò l’appoggio diplomatico dell’Impero bizantino per estendere nuovamente i suoi domini.
L’opera di consolidamento del potere regio culminò nel 759, quando Desiderio associò al trono il figlio Adelchi. Non meno importante, nella politica di consolidamento del Regno, fu la fondazione – con una dotazione insolitamente ricca – del monastero di San Salvatore a Brescia, patria di origine della famiglia reale, che fu affidato alla figlia Anselperga. Alla giurisdizione di San Salvatore Desiderio sottomise un’intera rete di complessi monastici tra la Lombardia, l’Emilia e la Toscana, sotto il suo diretto controllo e quindi strumento di dominio.
Dopo l’elezione di Adriano (772-795) al soglio pontificio e l’assunzione del potere in tutto Regno franco di Carlo, in seguito alla morte del fratello Carlomanno, la situazione politico si esasperò. Carlo, infatti, appena assunto il potere nel 771, rimandò a Pavia, dal padre Desiderio, Ermengarda, la sposa longobarda a lui solennemente congiunta in matrimonio. Il gesto corrispose a un’indiretta dichiarazione di guerra. Del resto Desiderio aveva accolte alla sua corte la vedova di Carlomanno, accompagnata dai figli e da un piccolo seguito con fedeli ostili a Carlo e sperava di indurre Adriano a consacrare re i figli di Carlomanno, elimi-
nati illegalmente dalla successione.
Non riuscendo nell’intento per via diplomatica, Desiderio tentò di piegare il Papa con une politica di forza, invadendo i territori papali e minacciando Roma. Adriano inviò quindi e Carlo un’urgente richiesta di aiuto. Nel 773 le truppe di Carlo invasero il territorio longobardo; Desiderio, vinto alle Chiuse di Susa, fu assediato a Pavia che, ottimamente fortificata e rifornita, si consegnò nel giugno del 774, dopo un’eroica resistenza durata circa nove mesi. Desiderio, arresosi, con moglie e figlia, venne condotto prigioniero in un monastero franco, dove concluse la sua esistenza.
Il tesoro longobardo cadde anch’esso in mano al vincitore e prese a sua volta la strada del Nord. I Longobardi, riuniti a Pavia, acclamarono Carlo loro nuovo sovrano, che divenne Re dei Franchi, dei Longobardi e Patrizio Romano, ponendo fine alla dinastia longobarda, di cui Desiderio fu l’ultimo re, ed esprimendo la propria tutela e sovranità su Roma.
Ermengarda
La figura della principessa Ermengarda (o Desiderata), figlia di Desiderio e Ansa, è avvolta nella leggenda. Infatti le fonti storiche non hanno trasmesso il nome della figlia del re longobardo; il nome di Ermengarda si ritrova solamente in un testo del Quattrocento, mentre fonti più antiche citano Desiderata tra le figlie di Desiderio e Ansa. Indubbiamente la sua fama è legata ad Alessandro Manzoni, che le dedicò uno dei più celebri cori dell’Adelchi, la tragedia data alle stampe nel 1822, che racconta la drammatica guerra tra Longobardi e Franchi tra il 772 e il 774, attraverso le voci dei principali protagonisti.
All’interno dell’oculata politica matrimoniale della famiglia reale longobarda, la principessa Ermengarda fu data in moglie a Carlo, figlio di Pipino il Breve, Re dei Franchi, per conciliare i rapporti tra i due popoli e, da parte di Carlo, per assicurarsi l’appoggio longobardo, nel caso di una guerra con il fratello Carlomanno, con il quale si contendeva il potere. Tuttavia, alla morte improvvisa di Carlomanno, divenuto unico Re dei Franchi, Carlo rimandò al padre, a Pavia, la sposa longobarda, ripudiandola.
La principessa si rifugiò presso il monastero di San Salvatore a Brescia, fondato da Desiderio e Ansa, accolta dalla sorella Anselperga che ne era badessa. Lì probabilmente concluse la sua esistenza e tra quelle mura fu forse sepolta.
Per gli storici la figura di Ermengarda offre uno spunto per approfondire il ruolo delle donne vicine a Re Desiderio. Nella società del tempo, infatti, la condizione femminile era ancora di sottomissione estrema all’universo maschile. Figure come quella della regina Ansa, donna colta e dalle sottili intuizioni politiche e delle figlie Anselperga, carismatica badessa di San Salvatore e Adelperga, andata in sposa al Duca di Benevento e animatrice della politica culturale meridionale, rimandano ad un protagonismo politico e sociale dai tratti quasi moderni.
Liutprando
Liutprando (690 ca. – Pavia?, gennaio 744), successe al padre Ansprando come Re dei Longobardi nel 712. Il suo Regno, il più lungo nella storia del Regno longobardo, segnò il culmine della presenza longobarda in Italia.
Sposò Guntrude, figlia del Duca di Baviera Teuteperto, mantenendo i tradizionali buoni rapporti con la Baviera.
Stretti legami di amicizia intercorsero anche con Carlo Martello, rafforzati quando quest’ultimo sposò una nipote della regina Guntrude .
Liutprando accentrò il governo del Regno nelle sue mani, limitando fortemente l’autonomia dei duchi, arricchendo la legislazione e portando avanti con decisione
l’integrazione tra la cultura germanica e quella latina. Cattolico, dette alla sua legislazione l’impronta dei principi cristiani.
Durante il suo Regno Liutprando accrebbe i possedimenti, contenne il potere col papato e svolse una politica di respiro europeo.
In seguito alla decisione dell’imperatore Leone l’lsaurico di vietare il culto delle immagini nelle chiese (726), alla quale si oppose fortemente Papa Gregorio Il, i territori
soggetti a Bisanzio entrarono in rivolta. Liutprando colse l’occasione favorevole per allargare i suoi confini, impossessandosi dei castelli emiliani di frontiera, compreso Bologna. Riuscì ad imporre il dominio del Regno a Benevento e Spoleto, installando vi duchi a lui fedeli, tanto che per la prima volta alla fine del Regno di Liutprando due grandi ducati longobardi erano integrati nel Regnum Langobardorum.
Con la salita al soglio pontificio di Zaccaria (741), migliorarono anche i rapporti con il Papato. Nel 742, a Terni, Liutprando restituì solennemente a San Pietro quattro
castelli occupati nel 740 nel Ducato romano e i patrimoni della Chiesa romana in Sabina a Narni, Osimo e Ancona, stipulando anche una tregua di vent’anni col Ducato romano.
Nel 743 il Re longobardo fece nuovamente irruzione nell’Esarcato, minacciando Ravenna.
Un nuovo incontro con Zaccaria a Pavia lo convinse a concludere una tregua e a ritirare, in parte, le truppe dall’Esarcato. All’inizio del 744, quando ancora le trattative con Bisanzio non erano concluse, Liutprando moriva a Pavia.
Sovrano dalla grande personalità, ritenutosi oggetto di una speciale scelta divina, come enuncia nel prologo delle Liuprandi Leges, Liutprando fu amato e temuto ad un tempo dal suo popolo, che ne ammirò la saggezza, l’abilità bellica e il coraggio personale.
Ratchis
Rachis o Ratchis (Cividale? … – Montecassino?, post 757), nipote del Re Liutprando, nel 737 fu da lui nominato Duca del Friuli.
Alla morte di Liutprando, nel 744, gli successe Ilprando, già associato al trono dal 735, che non fu in grado di controllare l’opposizione interna longobarda. Fu infatti rovesciato, solo dopo otto mesi di Regno, da Ratchis (espressione dell’aristocrazia più potente del Regno,
quella del nord-est), che gli successe al trono.
Ratchis concluse una pace ventennale col Ducato romano e riprese l’attività legislativa interrotta da Liutprando dieci anni prima (aggiungendo quattordici capitoli all’editto dei re longobardi). Nonostante fosse fautore, insieme alla moglie Tassia – forse una romana – di una politica di pace verso i Bizantini, Ratchis si vide costretto dalla fazione “tradizionalista” dei Longobardi (capeggiata dal fratello Astolfo), nel 749, ad attaccare la Penta poli e ad assediare Perugia. Ma Papa Zaccaria si recò a Perugia e lo convinse a togliere l’assedio e i Longobardi, indignati, elessero quindi loro Re Astolfo, nel luglio del 749.
Ratchis, costretto a lasciare il trono, si recò allora a Roma con la moglie e la figlia, dove Papa Zaccaria lo accolse nell’ordine monastico (unico modo per salvaguardare la vita di un re spodestato). In seguito si ritirò a Montecassino, mentre la moglie e la figlia fondarono un
monastero femminile a Plumbariola.
Alla morte di Astolfo, nel 756, Ratchis abbandonò il monastero di Montecassino, dove fino ad allora aveva vissuto come monaco, e si recò a Pavia, dove riprese le redini del Regno, con l’appoggio del Pontefice, rinunciando però all’antico titolo di re, ma denominandosi famulus Christi Jesu et princeps gentis Langobardorum. Il trono gli fu però conteso da Desiderio, Duca di Tuscia, che, con grandi promesse, riuscì a guadagnarsi l’appoggio del Papa, costringendo Rachis a rinunziare al trono e a ritornare a Montecassino (757), dove concluse la sua esistenza.
Rotari
Rotari (Brescia, 606 – 652), duca di Brescia, fu eletto Re dei Longobardi nell’anno 636, alla morte di Arioaldo.
Ariano, sposò la vedova di Arioaldo, Gundeberga, figlia di Teodolinda e di fede cattolica, continuando la politica di rispetto dei cattolici già sostenuta dal suo predecessore, che si ripercosse in maniera positiva nei rapporti tra Longobardi e popolazione romana.
Anche Rotari, come i sovrani che lo avevano preceduto, dovette scontrarsi inizialmente con disordini e ribellioni interne, ma riuscì a rafforzare l’autorità regia contro le spinte
separatiste dei duchi e ampliò le conquiste del Regno con una politica più aggressiva. Il sovrano condusse infatti numerose campagne militari, che portarono quasi tutta l’Italia settentrionale sotto il dominio longobardo.
La memoria di Rotari è legata soprattutto alla sua attività di legislatore. A lui si deve il celebre Editto che porta il suo nome, promulgato alla mezzanotte tra il 22 e il 23 novembre 643, con il quale codificò il diritto longobardo, rimasto fino ad allora legato alla trasmissione orale. Scritto in lingua latina, ispirato alle tradizioni longobarde e al diritto romano, l’Editto garantì per iscritto l’assetto del Regno. Considerato già da Rotari come suscettibile di ampliamenti, fu poi effettivamente ampliato, sia dallo stesso Rotari, sia dai suoi successori, Grimoaldo, Liutprando, Rachis e Astolfo, i cui interventi, insieme all’Editto, andarono
a costituire l’Edictum Regum Langobardorum.
L’Editto fu valido solo per la popolazione di origini longobarde; quella romana, pur soggetta al dominio longobardo, rimase invece regolata dal diritto romano, codificato nel Digesto di Giustiniano del 533.
Morì a Pavia nel 652 e fu sepolto nella basilica di San Giovanni Battista. Gli successe il figlio Rodoaldo.
Teodolinda
La regina Teodolinda o (Ratisbona?, 570? – Monza, 22 gennaio 627), regnò dal 589 al 616, un periodo molto importante nella formazione del regno longobardo.
Principessa di stirpe regia, discendente da parte materna dall’importante famiglia dei Letingi e figlia del Duca di Baviera, Garibaldo, fu data in sposa al Re dei Longobardi Autari (divenuto re nel 584, dopo circa dieci anni di assenza del potere regio) che poter così rafforzare le proprie pretese di legittimità e rinsaldare l’alleanza tra Bavari e Longobardi.
Nel 590, alla morte di Autari, avvenuta dopo un solo anno dalle nozze, Teodolinda – che aveva già raggiunto una considerevole posizione politica e si era guadagnata la stima e l’ammirazione del popolo – si risposò con Agilulfo, Duca di Torino (acclamato re a Milano
nel 591), da cui ebbe un figlio, Adaloaldo, futuro Re dei Longobardi tra il 604 e il 626 e primo a essere battezzato secondo il rito cattolico (603). Infatti Teodolinda, cattolica (anche se aderente allo scisma dei Tre Capitoli), incentivò l’avvicinamento del popolo longobardo, ariano e pagano, alla Chiesa di Roma, per facilitare la convivenza religiosa e politica con il popolo italico, grazie ai rapporti amichevoli con Papa Gregorio Magno, che in una delle sue lettere chiedeva alla regina di insistere presso il suo sposo per fargli abbracciare la fede cattolica.
Alla morte di Agilulfo, Teodolinda fu nominata reggente per il figlio Adaloaldo, ma quando questi fu deposto da una congiura di corte – dopo dieci anni di regno – la regina si ritirò a vita privata. Con il marito promosse la costruzione di nuove residenze, di chiese e la fondazione di monasteri (che, attraverso le loro dotazioni patrimoniali, costituivano una riserva di ricchezza e uno strumento di dominio), tra queste la basilica di San Giovanni Battista a Monza (primo impianto dell’attuale Duomo cittadino), abbellita con ornamenti d’oro e d’argento e il palazzo che la regina fece decorare con episodi tratti dalla storia longobarda, sempre nella stessa città, divenuta capitale estiva del regno.
Donna di grande carisma, Teodolinda fu molto amata dal popolo. Alla sua morte, nel gennaio del 627, fu sepolta nella basilica di San Giovanni a Monza, dove fu venerata come una santa. La sua figura, divenuta mitica, fu il fulcro di numerose leggende popolari tanto che nel XV secolo gli Zavattari affrescarono nel Duomo di Monza le Storie della regina Teodolinda, il più grande ciclo italiano del Gotico internazionale.