Gli edifici del sito UNESCO rappresentano un importante elemento di novità anche per quanto riguarda gli apparati decorativi con i quali vennero ornati, con particolare attenzione per gli interni. Le tecniche utilizzate dello stucco e dell’affresco sono note già in età classica, ma la loro diversa combinazione, con il prevalere di una o dell’altra, conferisce ai complessi monumentali longobardi un aspetto innovativo e ricco, che si differenzia di caso in caso.
La maggior parte delle pitture attestate si rifà alla grande e raffinatissima scuola romano-bizantina. Il ricorso ai modelli aulici di tale tradizione fu possibile anche per la presenza di maestranze orientali, giunte in Italia a seguito delle persecuzioni iconoclaste.
A queste maestranze, in particolare, va ricondotto lo straordinario ciclo pittorico di Santa Maria foris portas a Castelseprio, che rappresenta la storia di Cristo prendendo a riferimento i Protovangeli, in accordo con il repertorio elaborato dalla scuola bizantina a partire dal tardo VII secolo.
Nonostante lo stato frammentario, la decorazione di San Salvatore di Brescia è senz’altro tra le più ricche di quelle conservate dell’Alto Medioevo, così come quella del Tempietto Longobardo di Cividale, analogo per circostanze storiche e stile (in entrambi i casi nell’apparato in stucco viene inserita una nota policroma tramite l’utilizzo di ampolle di vetro verdi e azzurre al centro dei fiori).
Nel complesso bresciano risulta del tutto originale la fusione fra stucchi e dipinti, e precocissima la ripresa dell’uso del soffitto a lacunari in stucco. L’eclettismo nella fusione di modelli ravennati e romani e nell’uso degli stucchi per le parti architettoniche (sottarchi e ghiere degli archi), oltre che nei motivi del repertorio tradizionale (il trattamento naturalistico delle figure e l’attenzione agli sfondi architettonici e paesaggistici, di tradizione ellenistico- romana) e di quello britannico, rendono questo insieme unico.
Nella Langobardia Minor la traduzione pittorica di Santa Sofia appare del tutto originale per la vivacità delle narrazioni, per la cifra naturalistica e per la dilatazione espressionistica. Per quanto riguarda invece gli affreschi conservati nel presbiterio del Tempietto sul Clitunno, essi rientrano nella più corrente tradizione romana postclassica.
LO STUCCO
Maggiori innovazioni si riscontrano invece nella decorazione a stucco, in particolare nel Tempietto di Cividale, che rappresenta un unicum sul territorio italiano.
Lo stucco, infatti, è impiegato fin da tempi antichissimi per rivestire una qualsiasi superficie, architettonica o statuaria, in vista della successiva applicazione del colore.
La miscela è costituita da un impasto di calce e pozzolana mescolate con polvere di marmo o gesso che veniva applicato con una spatola sull’intonaco ancora fresco e modellato a mano per mezzo di stecche o con le dita.
Vitruvio (De Architectura VII, 3,3) e Plinio (Naturalis Historia, XXXVI, 176) suggeriscono le norme per un buon impasto.
La rinnovata attenzione riscontrabile in età longobarda per la decorazione architettonica in stucco va probabilmente ricollegata all’importante analoga tradizione esistente sin dall’età romana in area merovingia, anche per la grande disponibilità di gesso nella zona parigina. Ma il grande sviluppo della plastica in gesso tra VIII e IX secolo, con la presenza di maestranze altamente specializzate, si connette molto probabilmente alla tradizione orientale e alla conquista omayyade della Spagna nel 756.
Tradizione e innovazione sono quindi i termini entro i quali si muovono tutte le esperienze artistiche longobarde, con la predilezione, a seconda dei contesti, per la tradizione locale o orientale, ovvero per i nuovi fermenti provenienti dall’Europa “barbarica” o dall’Oriente bizantino, o ancora dalla coeva cultura araba.