Il Museo di Santa Giulia sorge all’interno del complesso del monastero dedicato a San Salvatore e a Santa Giulia e ospita reperti archeologici provenienti da scavi effettuati all’interno della stessa area perimetrale dell’edificio e, più in generale, dall’area della provincia dell’antica Brixia.
Qui, la presenza longobarda è anticamente attestata; del resto, lo stesso monastero fu fondato a metà dell’VIII secolo per volere dal Duca Desiderio, che sarebbe poi stato l’ultimo sovrano di questo popolo, e da sua moglie Ansa; la coppia regale decise di affidare il monastero alla guida della figlia Anselperga, che da quel momento divenne prima badessa del cenobio.
Oltre alla presenza della basilica di San Salvatore e al monastero di Santa Giulia, esistono migliaia di reperti che raccontano dei Longobardi: ci sono numerose tombe femminili e maschili ritrovate a Calvisano, Leno, Botticino e Milzanello e nella stessa Brescia, senza contare prodotti artigianali in ceramica e in osso, oggetti ornamentali e piccole croci in lamina dorata decorare a sbalzo.
Ma il complesso di San Salvatore e Santa Giulia intrecciano ancora molte volte la loro vita con la grande Storia: in età romantica, lo scrittore Alessandro Manzoni vi ambienta la parte più celebre e toccante della tragedia Adelchi: la morte di Ermengarda.
Costei, figlia di Desiderio e sposa ripudiata di Carlo, re dei Franchi (il futuro Carlo Magno), trova rifugio nel monastero, dove può ricongiungersi a Dio tra le preghiere delle monache e le cure premurose della sorella Anselperga.
Nato come cenobio benedettino femminile, nel corso dei secoli dei secoli fu più volte ampliato e abbellito di un ricco apparato decorativo, grazie alle donazioni delle famiglie delle novizie e rimase attivo fino a quando Napoleone soppresse tutti gli ordini monastici requisendone il patrimonio.