L’IDEALE GUERRIERO

Ogni volta che si parla di Longobardi, l’immaginario collettivo attinge a piene mani dal topos del guerriero: così, ci si immagina un uomo che è qualificato nel suo ruolo sociale in base alle armi che brandisce e all’equipaggiamento che indossa.

Del resto, questa associazione di idee trova giustificazione nel fatto che nell’Alto Medioevo quella del guerriero era una funzione sociale molto importante e che dava immenso prestigio e potere a chi apparteneva a questo ceto. Inoltre, bisogna considerare il fatto che gran parte delle nostre conoscenze in merito ai Longobardi sono ricavate dagli studi archeologici condotti sulla necropoli ritrovate. Qui sono ricorrenti le sepolture maschili che rappresentano il defunto come guerriero, poiché il suo corredo funebre esprime la forza e il prestigio attraverso la presenza di armi, elmi e altri elementi tipici dell’equipaggiamento da guerra.

In Italia, abbiamo due importanti collezioni di reperti tombali che sono in grado di ricostruire fedelmente l’aspetto di un guerriero longobardo: la prima si trova presso il Museo di Santa Giulia a Brescia, mentre la seconda è ospitata dal Museo dell’Alto Medioevo – MuCiv a Roma.
Le due esposizioni, in realtà, sono testimonianze di due realtà molto diverse all’interno del popolo longobardo perché contestualizzate in due diverse aree geografiche, rispettivamente gli insediamenti in Italia settentrionale, dove è maggiormente presente l’influsso del modello germanico, e quelli nella zona centrale della Penisola, dove si nota la presenza di elementi influenzati dall’ambito tardoromano-bizantino.

Presso il museo di Santa Giulia, sono esposti reperti provenienti da necropoli ritrovate a partire dall’ultimo quarto del XIX secolo in località dell’area bresciana come Milzanello di Leno, Darfo, Botticino Sera, Calvisano e la stessa Brescia. Accanto a ciò, sono illustrati dei ritrovamenti sepolcrali individuati in epoca più recente, che rivelano nuovi preziosi dati.
A Roma, presso il Museo Nazionale dell’Altomedioevo sono invece conservati i reperti provenienti dalle necropoli altomedievali di Nocera Umbra e Castel Trosino, che furono tra le prime città dei morti longobarde ad essere oggetto di campagne di scavi archeologici già alla fine dell’Ottocento.

La prima necropoli, detta “Il Portone”, fu studiata tra il 1897 e il 1898 da Angiolo Pasqui, mentre la seconda, chiamata necropoli “Santo Stefano”, fu riportata alla luce grazie al lavoro di Raniero Mengarelli tra il 1893 e il 1896.
I lavori di scavo, così meticolosi e accurati, hanno permesso di mantenere quasi inalterate le relazioni tra gli oggetti e le tombe di provenienza, offrendo dati importanti allo studio e alla ricerca.

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