L’ARCHITETTURA LONGOBARDA

L’occupazione del territorio italiano da parte dei Longobardi ricalcò in larga misura l’insediamento romano preesistente ormai in rovina, per l’assenza di un’autorità centrale, delle guerre e dell’impoverimento economico.
All’inizio i Longobardi perseguirono una logica di netta separazione rispetto alla popolazione indigena, adottando stili di vita alternativi a quelli romani.
Le città subirono un processo di destrutturazione: la sontuosa edilizia antica lasciò il posto a capanne in legno, spesso seminterrate, costruite con pali piantati nel terreno o su fondazioni murarie in ciottoli, dotate di pavimenti in terra battuta sui quali venivano accesi rudimentali focolari delimitati da pietre.
Le stalle e le strutture funzionali alle attività artigianali trovarono collocazione in prossimità delle abitazioni, come anche le sepolture. Ampie aree residenziali all’interno dalle mura vennero ruralizzate e adibite ad orti e pascoli.
I luoghi del potere (la curtis regia e la curtis ducis) furono collocati in zone periferiche rispetto all’area occupata dal Foro di età romana, nei pressi di edifici pubblici in rovina (domus palaziali, circhi, anfiteatri).
Nella fase del primo insediamento dei Longobardi il messaggio ideologico del potere non fu più affidato alla monumentalità architettonica, ma ai valori della stirpe, enfatizzati dai riti della morte, che sottolineavano il rango sociale del defunto, anche grazie ai ricchi corredi deposti nelle sepolture.
Nelle campagne nuclei di Longobardi occuparono stazioni di sosta, villaggi, ville rustiche, per avere il controllo dei luoghi in cui sopravvivevano una solida strutturazione economica e un efficiente sistema viario.
Si insediarono anche nei castra (accampamenti) della fascia pedemontana (Castelseprio, Sirmione, Monselice), perni del sistema difensivo tardo imperiale, trasformandoli nei centri giuridico-amministrativi di ampi territori regi e fiscali.
Con il passare del tempo la separazione con la popolazione locale si affievolì e i Longobardi assimilarono sempre più gli stili di vita della classe dirigente sottomessa; in particolare dopo la conversione al cattolicesimo, comparirono nelle città e nelle campagne nuove forme monumentali di rappresentazione del potere. La stragrande maggioranza della popolazione continuò tuttavia a risiedere in campagna, in villaggi fatti di capanne di materiale deperibile di cui restano pochissime testimonianze archeologiche.
Il fervore costruttivo determinò una ripresa artistica eccezionale che risenti sia della tradizione paleocristiana sia di quella bizantina, prima imitate e poi contaminate al fine di giungere a nuove e originali forme espressive.
Opere edilizie monumentali (palazzi urbani, residenze di campagna, chiese-mausoleo, cappelle funerarie, basiliche e monasteri), decorate con affreschi, sculture e arredi di grande prestigio, furono commissionate dalla monarchia e dalla nobiltà ad artisti e artigiani altamente specializzati per promuovere la propria immagine.
Purtroppo, gran parte della produzione architettonica longobarda è andata perduta, distrutta o inglobata da successive costruzioni; le poche testimonianze conservate sono per lo più riconducibili a edifici di culto.

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