LA COTTURA DEI CIBI

Il medico bizantino Antimo, nel VI secolo, nel suo trattato De observatione ciborum, si raccomanda di cuocere tutte le carni: la piccola selvaggina e i volatili allo spiedo, mentre la carne suina doveva essere lessata, per garantire il massimo benessere dell’organismo derivante dalla moderazione e dalla cottura scrupolosa del cibo.
Tuttavia, Antimo suggerisce sorprendentemente di non cuocere eccessivamente a lungo il fegato di maiale, per non farlo indurire. Inoltre, egli sostiene che alimenti come le ostriche e il latte possano essere consumate anche da crudi, con la semplice aggiunta di miele, vino, idromele o sale.
Del resto, va ricordato che le abitazioni erano semplici capanne di legno e che, pertanto rappresentava un lusso per quei pochi che potevano permettersi di edificare abitazioni in muratura, come i signori. Non è un caso, infatti, che dopo l’anno Mille i forni divengano monopoli signorili e che, per utilizzarlo, i contadini e gli altri ceti umili della popolazione dovevano pagare un’apposita tassa.
Il pane nero, preparato in casa, veniva cotto in forni di piccole dimensioni o in orci di pietra ollare da porre sul focolare domestico, oppure all’interno di manufatti di terracotta che venivano arroventati per abbrustolire focacce e spianate di farina di legumi.
La divisione in ceti sociali si rifletteva anche a tavola, cosicché sulle mense dei contadini e dei più umili si serviva soprattutto carne bollita, e quindi di consistenza piuttosto legnosa, ingentilita dal brodo, alla base di molte altre preparazioni gastronomiche.
Al contrario, i nobili erano soliti cibarsi di carni arrostite o allo spiedo, retaggio di una civiltà di guerrieri che praticava la caccia alla selvaggina, il cui consumo eccessivo però era ritenuto causa di malattie.
Anche le carni vaccine sono appannaggio solo dei più abbienti, dei nobili e dei guerrieri ed è lo storico Eginardo, biografo personale di Carlo Magno, che riferisce di quanto l’imperatore, benché malato di gotta, non volesse ascoltare il parere dei medici, pur di non smettere di mangiare gli arrosti per passare ai bolliti.

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