IL PRATO E IL CAMPO

In un’economia poco più che di sussistenza come quella dei Longobardi, la terra rappresentava un valore inestimabile in quanto fonte di sostentamento insieme all’allevamento e alla caccia.
I terreni erano divisi in due categorie: quelli da semina e quelli lasciati a maggese perché riposassero.
I primi vengono generalmente indicati con dei termini generici, quali terra o campus, cui sono associati degli aggettivi che ne qualificano meglio l’utilizzo: ad esempio, vi sono dei documenti in cui si parla di terra aratoria o di terra laboratoria.
Riguardo il secondo caso, sappiamo che, nel periodo di maggese, i prati venivano sfruttati come pascoli oppure, se non utilizzati, diventavano ad uso privato dove raccogliere i frutti e i fiori della vegetazione spontanea anche con lo scopo di preparare medicinali.
Esisteva anche un sistema per misurare la produttività dei terreni: per quanto riguarda i prati, si indicavano i numeri di carri di fieno che vi si potevano raccogliere, mentre per i campi si faceva riferimento alla quantità di cerali che si potevano seminare e raccogliere o, nel caso di vigne, di quantità di vino che si poteva produrre.

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