ANTIMO, TRA MEDICINA E GASTRONOMIA

Presso la corte del re ostrogoto Teodorico Strabone, detto il Grande, fu attivo come medico Antimo.
Nato in Grecia nel IV secolo d.C. da una famiglia nobile e morto nel 534. Di lui si hanno notizie precise a partire dal 481, quando tradì l’imperatore romano Zenone: fu allora che fuggì da Bisanzio per trovare protezione in Italia, a Ravenna, alla corte del sovrano ostrogoto. Quest’ultimo gli assegnò il ruolo di diplomatico presso Teodorico di Metz, re dei Franchi, poiché intuì in lui non solo l’abilità di medico, ma anche altre doti come la freddezza, la precisione e la capacità di analisi: tutte doti indispensabili per essere un eccellente medico così come uno zelante ambasciatore.
Tuttavia, la figura di Antimo viene ricordata soprattutto perché il suo nome è associato il manuale di dietetica De observatione ciborum ad Theodoricum regem Francorum epistola, scritto in latino nel 511: l’unico documento di letteratura gastronomica dell’intera età alto medievale giunto fino a noi.
Si tratta di una sorta di ricettario, dedicato a Teodorico, figlio e successore del franco Clodoveo, in cui l’autore fornisce informazioni molto dettagliate su come sia possibile seguire un’alimentazione salutare e gustosa evitando gli eccessi a tavola e nel bere.
E’ per questo scopo che Antimo scrive una serie di ricette sia per preparazioni di tipo culinario, sia di tipo curativo, attestando al tempo stesso l’evoluzione della cucina greco-romana dell’area mediterranea nel momento in cui venne a contatto con le nuovi genti provenienti dall’Europa più settentrionale, primi tra tutti gli Ostrogoti e i Franchi, presso i quali fu a lungo diplomatico.
La cultura e la raffinatezza del medico bizantino si riflette anche nel suo manoscritto, dove illustra una personale teoria sul rapporto tra varietà alimentare, complessità delle preparazioni gastronomiche ed esigenza di morigeratezza nelle quantità.
Tra le curiosità, è possibile scoprire come Antimo raccomandasse con premura maniacale la cottura dei cibi, perché considera tale pratica legata alla buona saluta. Secondo il medico bizantino, la cottura rende più digeribili i prodotti della terra, depurandoli da sostanze nocive o velenose, a cominciare dal pane, fatto con frumento lievitato e ben cotto anziché quello in uso presso le tribù barbare, di farina d’orzo o di spelta.
Inoltre, il medico bizantino parla di piatti di carne esclusivamente bovina, bollita a lungo con aromi e vino. Viene menzionato anche il pollame e la piccola selvaggina, da cuocere anche allo spiedo, mentre la bollitura era ritenuta indispensabile per tutti i legumi, come fave, ceci, fagioli e lenticchie, così come i frutti acerbi e le uova, da scottare in acqua tiepida
Oltre a ciò, Antimo suggerisce degli accostamenti di sapore tipicamente mediterranei come l’agrodolce, ottenuto con l’accostamento di aceto e miele, che si ritrova anche nella preparazione dell’antico e diffusissimo idromele, noto anche come “bevanda degli dei”.

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