Dall’Antico in Età Longobarda
Nel nostro immaginario collettivo, il nome dei Longobardi è immediatamente associata a termini aggettivi negativamente connotati come “barbari” o “distruttori”; tuttavia, sappiamo da tempo che la realtà storica è ben diversa, meno netta e con molte sorprese.Indubbiamente, quando i Longobardi migrarono in massa in Italia a capo di Alboino e ne rivendicarono gran parte del territorio, si comportarono secondo le consuetudini delle genti germaniche, imponendo la loro autorità e il loro potere sui popoli sottomessi.
Del resto, c’è da chiedersi che cosa ci fosse allora in Italia, se non la debole presenza dei Bizantini e, soprattutto, i discendenti di un Impero Romano d’Occidente ormai del tutto in rovina.
Ciò non è affatto da sottovalutare, anche dal punto di vista architettonico; infatti, i Longobardi, una volta impadronitisi del nord della Penisola e dei due Ducati autonomi di Spoleto e Benevento, iniziarono a riutilizzare pietre, marmi e colonne romane da edifici in disuso per edificarne di nuovi.
I pezzi più pregiati, dapprima vennero reimpiegati per i palazzi rurali dei duchi, poiché divenire simboli del prestigio sociale dei nuovi signori vittoriosi.
In seguito, i capimastri, gli artigiani e gli operai longobardi iniziarono a dare vita a veri e propri cantieri per riassemblare decori, ornamenti e pezzi di iscrizioni di rovine, preda dell’incuria e dell’abbandono. Con la nascita delle nuove comunità, cresce anche parallelamente il concetto di progettualità e di riuso consapevole dei materiali con una diversa destinazione d’uso.
Ne costituiscono una testimonianza ciò che resta degli edifici longobardi del Clitunno e di Spoleto, di Brescia e di Benevento, tutti contraddistinti dal desiderio di ricercare e riportare allo splendore l’antico in una veste nuova.
Così, le maestranze trasformano gli antichi templi degli dei romani in chiese per i neofiti convertiti al cristianesimo, creando al contempo, nuovi punti di aggregazione sociale per la comunità.
Allo stesso modo, pezzi di statue, fregi ed epigrafi vengono studiate per comprenderne il progetto originale e la collocazione nella struttura, al fine da riposizionarli e valorizzarli come se fossero segni di prestigio, gemme preziose incastonate nelle dimore e negli edifici longobardi.
In sintesi, si tratta di un nuovo modo di guardare alle vestigia del passato e di fonderle con il presente, in un ideale in cui il mondo romano e quello longobardo si uniscono per dare vita a qualcosa di nuovo e, allo stesso tempo, rechi ancora in sé le tracce della classicità.