La figura storica di Adelchi ha ispirato uno dei protagonisti della letteratura italiana romantica: Alessandro Manzoni che, tra il 1820 e il 1822 compose una tragedia che porta il nome del re longobardo.
Secondo i canoni della corrente letteraria del romanticismo, di cui Manzoni è uno dei maggiori esponenti, l’opera è fondata su una rigorosa documentazione storica. L’interesse dell’autore per le vicende di epoca medievale è legato alla possibilità di paragonare il passato al contesto coevo di Manzoni. Dallo spunto offerto dalle vicende dei Longobardi, nasce un’indagine sulle sventure dell’Italia ottocentesca, divisa e sotto il giogo della dominazione straniera austriaca nel lombardo-veneto.
Secondo il pensiero di Manzoni, i fatti del XIX secolo derivano dal fallimento dei vari tentativi di formare uno stato unitario, come quello che avrebbe potuto creare la dinastia longobarda.
Il dramma storico
Adelchi appartiene al genere pienamente romantico del dramma storico, segna il superamento della tragedia classica e del teatro tradizionale grazie a una nuova concezione della Storia.
Nella tragedia qui presa in esame, manca una vera e propria azione drammatica e, per via del linguaggio utilizzato altamente lirico, l’opera si presta più alla lettura in un salotto “colto” dell’epoca anziché alla rappresentazione sul palcoscenico.
I personaggi maggiori presentano una notevole caratterizzazione e studio psicologico, mentre alcune scene, come ad esempio la morte di Adelchi, conservano un’impronta fortemente teatrale e di grande intensità.
Rispetto alla poetica, Manzoni qui compie un lavoro di rigoroso rispetto della storia, con un ricorso assai limitato e circoscritto a personaggi e vicende inventati; inoltre, dimostra di aver pienamente accantonato le unità di tempo e di luogo aristoteliche, giudicate troppo artificiose, ragion per cui la vicenda narrata nell’Adelchi si svolge in arco cronologico esteso e introduce molti scenari e ambientazioni.
Lo scopo che si prefigge l’autore è di coinvolgere lo spettatore non attraverso le passioni dei personaggi, bensì con la riflessione sulle conseguenze nefaste che possono avere tali sentimenti così estremi.
Il dolore insito nella Storia
Adelchi è una tragedia ambienta in quello che viene indicato dai Romantici come il periodo più buio e barbarico dell’età medievale. L’opera si delinea nell’intenzione dell’autore come una requisitoria sul dramma del potere, con le ingiustizie, alla viltà e ai tradimenti ad esso collegate, che si contrappongono alla figura del protagonista, presentato come uomo di eccezionale levatura morale. Emergono quindi i temi cari a Manzoni, quali le contraddizioni insite nella storia umana, la maledizione che grava su chi esercita il potere e la follia delle lotte fratricide.
Il tragico cristiano
La tragedia Adelchi è l’opera in cui meglio si esprime il pessimismo e la sfiducia di Manzoni nei riguardi del destino terreno dell’umanità, che appare divisa, senza sfumature intermedie, tra oppressori e vinti. Secondo la visione dell’autore, inoltre, non si può confidare nemmeno nella giustizia terrena, poiché al male provocato dall’uomo non c’è rimedio.
Dunque, la Storia non è che tragedia, come ricorda amaramente Adelchi in punto di morte:
“Non resta che far torto o patirlo”.
La terra stessa è nutrita con il sangue delle vittime della lotta per il potere, dai protagonisti fino agli umili; l’unica speranza di salvezza, di pace e di giustizia è rivolta alla dimensione ultraterrena, dove il disegno misterioso di Dio potrà finalmente essere svelato e compreso pienamente.
La sofferenza, rappresentata dalla figura di Ermengarda, resa “santa” dai suoi patimenti, passa attraverso la morte, confine oltre il quale vi è la fine di ogni dolore e ingiustizia. Del resto, secondo l’autore, Dio stesso i incarna negli oppressi e nei vinti: solo a costoro è concesso di comprendere il vero significato del dolore che è presente nel mondo.
La trama dell’opera
L’atto I della tragedia porta il lettore nell’anno 772, quando Carlo – futuro Carlo Magno – ripudia la sposa Ermengarda, figlia del re longobardo Desiderio. Ancora innamorata del marito, la donna si ritira nel convento di San Salvatore a Brescia, dove viene accolta dalla sorella Ansberga, madre badessa.
Il padre giura di vendicare l’affronto subito da Ermengarda e coglie l’occasione per far scoppiare un conflitto nel momento in cui giunge a palazzo un ambasciatore di Carlo, che chiede a Desiderio di restituire al papa le terre che il re franco Pipino il Breve aveva donato alla Chiesa e che i Longobardi hanno arbitrariamente usurpato con la forza. Malgrado il tentativo di mediazione di Adelchi, figlio di re Desiderio, la via è segnata, ma ciò che i sovrani longobardi ignorano è che tra i nobili a loro affiliati ci sono dei traditori, pronti a seguire l’ambizione del soldato Svarto.
Quando si apre il II atto, l’azione si sposta alle Chiuse di Susa, dove il re Carlo non riesce a oltrepassare la linea difensiva dei Longobardi. Tuttavia, al campo dei Franchi, giunge provvidenzialmente il diacono Martino, emissario del vescovo di Ravenna Leone, che rivela l’esistenza di un passaggio attraverso il quale aggirare le fila del nemico e coglierlo di sorpresa.
Così avviene e ad Adelchi e a un manipolo di valorosi guerrieri non resta altra via che ritirarsi nella città fortificata, posta sotto assedio (Atto III).
L’atto IV del dramma svela idealmente quello che sta avvenendo nello stesso momento a Ermengarda, nel convento di Brescia. La donna, tormentata dal dolore per il ripudio, muore di dolore e, solo nei suoi ultimi istanti di vita, riacquista la pace interiore.
Nel frattempo, il duca longobardo Guntigi fa aprire a tradimento le porte di Pavia a Carlo, che fa immediatamente prigioniero re Desiderio.
Protagonista dell’atto V è Adelchi che, mentre difende la città di Verona nell’anno 774, viene ferito mortalmente. Egli si rassegna al suo destino di morte ed esala il suo ultimo respiro tra le braccia del padre. L’eroe muore da autentico cristriano, consolando Desiderio e implorando il perdono del vincitore per il sovrano longobardo e per il popolo.
I personaggi
Adelchi rapprensenta allo stesso tempo un personaggio realmente esistito, quindi storico, e un eroe romantico ideale, attorno al quale Manzoni costruisce la tragedia.
Suo antagonista è l’ambizioso guerriero Svarto, che è disposto anche al tradimento e a comportamenti vili pur di coronare i suoi sogni di gloria. Accanto a costui, vi sono altri traditori quali il duca di Pavia, Guntigi e il duca di Verona Giselberto. L’unico fedele compagno e confidente di Adelchi è Anfrido, la cui morte in battaglia prepara la scena per quella del protagonista.
Per quanto riguarda la figura di Ermengarda, sorella di Adelchi, si può affermare che costituisce un personaggio giusto, di alta levatura morale e di grande spessore psicologico. In lei si può ravvisare la prefigurazione di Lucia Mondella, coprotagonista de I Promessi Sposi, che incarna l’idea del “giusto” sofferente.